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Renzi e gli operai italiani morti in Libia: “c’è del metodo nella follia” del Premier

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Tanti italiani si stanno domandando, in queste ore, come mai per le due cooperanti, Greta&Vanessa, si siano mossi mari e monti (e milioni di euro) mentre per i due operai morti in Libia è calato un silenzio assordante. E si chiede anche come mai, da circa un mese si parla di Regeni, mentre i due operai, verosimilmente, saranno dimenticati entro una decina di giorni.
Il governo in due casi (Greta&Vanessa e Regeni) è stato loquace e oltre modo attivo, mentre del terzo tace e parla d’altro (ovviamente di problemi «fondamentali» del Paese: unioni gay, aiuti alle banche, etc.).
Come mai questa contraddizione? Renzi è schizofrenico?

Possibile che la vita delle due cooperanti valesse la mobilitazione di un intero Paese, oltre a milioni di euro, versati (ma il governo nega) ai terroristi? E quella di un ricercatore italiano dalle frequentazioni sospette (collaborava con un think tank molto vicino ai servizi inglesi, la sua fidanza ucraina pare lavori per una «agenzia di sicurezza», cioè di mercenari, occidentale etc.) valesse un bombardamento mediatico quasi senza precedenti, mentre due operai morti non meritano neppure un tweet?
Il problema può essere separato in due parti. La prima riguarda l’opinione pubblica. Renzi, come è noto, non va neppure al gabinetto senza studiare prima le possibili reazioni dell’opinione pubblica. Se ritiene che questa approvi, si fionda in bagno, ma prima lo annuncia al mondo con un tweet, in cui riuscirebbe a inserire, nell’ordine, un qualche segnale di ripresa per il Paese, una lode all’opera del governo, cioè di sé stesso, e un attacco ai gufi.
Quindi, probabilmente, Renzi, non a torto, ha compreso che l’opinione pubblica, specialmente di sinistra, avrebbe approvato fortemente un interessamento del governo nei casi Greta&Vanessa e Regeni, e viceversa si sarebbe interessato poco o punto ai due operai morti.
I motivi sono vari, pertanto li elencheremo rapidamente: nei primi due casi si trattava di giovani, della «generazione Bataclan», cosmopoliti, giramondo, di sinistra, studenti, benestanti. Sostenitrici, le prime, dei “terroristi moderati” anti Assad “il dittatore”, amico dei Fratelli Musulmani il secondo e quindi nemico di Al Sisi, contro il quale voleva usare l’arma sindacale (si sa che i lavoratori inglesi e italiani stanno benissimo, e che quindi non c’era alcun bisogno di sindacalismo dalle nostre parti, al punto di volerlo esportare in Egitto).

Si sa, abbinare terzomondismo, cosmopolitismo, sinistrismo, benessere, ribellismo etc. garantisce, a sinistra, il successo.
E ora veniamo al secondo aspetto della questione: Renzi, interessandosi a loro, non solo otteneva il consenso del ceto medio semicolto, vale a dire di quello che, in gran parte, costituisce il suo elettorato, ma abbinava il proprio volto e il proprio nome a persone amate dall’opinione pubblica, a volti giovani, apparentemente impegnati a lottare per il cambiamento, ribelli che fanno la cosa giusta a qualunque prezzo, in altre parole dei piccoli «rottamatori» e Matteo Renzi, in un certo senso, diventava, o sarebbe dovuto diventare, una specie di Ernesto (Che) Renzi.
Il terzo aspetto della questione, altrettanto importante, era che in Siria (Greta&Vanessa) e in Egitto (Regeni) ci sono al potere due figure non molto amate dall’America, dalle potenze europee che contano (Francia, UK e Germania) e dalle petromonarchie (quest’ultime, mentre i “padano-celti” strillano contro l’invasione cinese, si sono comprate mezzo Paese). Quindi fare casino contro questi Paesi (tanto per la gran parte degli elettori del PD-SEL la colpa è sempre di Assad, anche se a rapire le due cooperanti sono stati i nemici del presidente siriano) era cosa buona e giusta, e anche pagare il riscatto ai terroristi supportati da USA-Francia-UK-Qatar-Arabia Saudita era un regalo fatto ai suddetti Paesi, una sorta di “pizzo” per evitare di fare la fine di Berlusconi.
Assad è cattivo, invero, perché si è rifiutato di permettere la costruzione sul suolo siriano del gasdotto Qatar-Turchia che avrebbe dovuto rifornire l’Europa, tagliando fuori la Russia («curioso» il fatto che non se ne parli mai) e di non voler chiudere le basi russe sul proprio territorio.
Al Sisi, invece, va punito perché non aiuta i terroristi in Iraq, Siria e Libia, e per essersi rifiutato, di fatto, di aiutare i sauditi in guerra contro lo Yemen degli sciiti (e quindi filoiraniani) Houthi.
Attenzione, perché i bersagli, come al tempo del bombardamento della Libia (o, volendo, quello della Serbia) non sono solo il «dittatore» di turno e la Russia (alleata di ferro della Siria e vicina  politicamente all’Egitto) ma anche l’Italia. Basti pensare a tutti i progetti italiani andati in fumo in Libia, favorendo enormemente, tra gli altri, la Francia. In ballo, adesso, ci sono i contratti miliardari stipulati dall’ENI col governo egiziano, contratti che ovviamente salterebbero, in caso di rottura delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi. E gli Stati che prenderebbero il posto dell’Italia sono (strano, vero?) in prima fila nel soffiare sul fuoco dello scontro. Fra questi la Gran Bretagna, guarda caso il Paese per cui lavorava Regeni. Quando si dice le coincidenze!
Non sono fantasie di complottisti: il governo egiziano ha dichiarato esplicitamente che si tratta di una mossa dei nemici dell’Egitto per danneggiare l’amicizia italo-egiziana. La prova principale è proprio il ritrovamento del cadavere, questo nonostante fossero evidenti i segni delle torture. A che scopo Al Sisi, o chi per lui, avrebbero scelto di scagliare un boomerang che gli sarebbe tornato sul muso? Non sarebbe stato più furbo farlo sparire e per sempre? È decisamente più logico che il rapimento, la tortura e l’uccisione siano opera di qualche apparato egiziano, infiltrato da potenze straniere, o i Fratelli Musulmani, deciso a mettere in difficoltà Al Sisi. Al contempo, la Gran Bretagna e altri Paesi occidentali stanno soffiando sul fuoco per approfittare della situazione generale. Questo è solo uno degli scenari possibili, sia chiaro: è anche realistico supporre che Regeni sia stato (scambiato per) una spia dell’MI6 (il servizio segreto inglese) mandato in Egitto per fomentare la rivolta, e che il controspionaggio egiziano l’abbia torturato per farsi farsi fare dei nomi. E magari il ritrovamento è opera di pezzi di apparato deviato o corrotto, per lo scopo di cui si parlava prima.
In ogni caso, ce n’è a sufficienza da indurre (o meglio che dovrebbe indurre) alla riflessione chiunque non sia vittima di meccanismi pavloviani (cosa che esclude tutta la sinistra).
Veniamo invece ai due operai. Essendo passati di moda, il fatto che siano operai, quindi lavoratori, con una famiglia, che pensava a portare a casa la pagnotta, invece che improvvisarsi rivoluzionaria, li rende automaticamente poco appetibili alla sinistra odierna, meno che meno a Renzi, sempre in cerca di immagini fresche, «giovani» con cui l’opinione pubblica possa identificarlo.
Poi si tratta della Libia, Paese dal quale Renzi, saggiamente, vorrebbe tenersi alla larga, visti i pericoli (un centinaio di soldati che tornino indietro in una bara, e Renzi si giocherebbe le elezioni) ma in cui sarà comunque costretto a mandare dei soldati.
Gli americani, non ci hanno «donato» la guida della coalizione (dono che è in realtà un cappio, visto che costringe l’Italia a gettare al vento fior di miliardi per danneggiare i nostri interessi) per bontà d’animo, ma si aspettano un contributo sostanzioso da parte nostra.
Gli americani, in effetti, vorrebbero risolvere tutti i conflitti senza mandare i propri soldati, ma facendo dissanguare gli alleati, le compagnie di mercenari e i Paesi a cui prestano il proprio «aiuto». Aiuto che spesso è peggiore della minaccia che dovrebbe fermare, almeno per chi lo riceve. Vedi l’Ucraina, che adesso è ridotta come il Congo. Il tempo delle guerre con gli americani che inviano centinaia di migliaia di soldati a combattere è finito, forse per sempre. Adesso gli americani usano mercenari e facinorosi locali (armati da tutto l’occidente) pompati dai media allineati e foraggiati dalle ONG americane ed europee per scatenare golpe in giro per il mondo. Poi, se necessario, si interviene solo dal cielo per dare la spallata finale, come in Libia. In Ucraina e in Siria le cose sono andate male, per via dell’intervento russo e cinese, ma in Libia non ci dovrebbero essere ostacoli di sorta.
Renzi cerca disperatamente di non farsi risucchiare in una guerra non proprio «cool», che aiuterebbe “i gufi” e che rischierebbe di metterlo al confronto, per la prima volta, con la realtà, rappresentata da una feroce guerriglia, e da possibili ritorsioni dei terroristi in Italia, una Italia il cui apparato militare, specialmente la dotazione di munizioni per l’aviazione, è stato indebolito dalle varie guerre. Senza un adeguato supporto aereo, le truppe di terra si troverebbero a dover lottare alla pari, anzi con mezzi spesso logori, contro gente spietata e discretamente armata. E il governo dovrebbe affrontare una dura realtà. Realtà con cui, finora, media compiacenti e opinione pubblica istupidita, non l’hanno mai costretto a confrontarsi.

Massimiliano Greco

Pubblicato su l'Opinione Pubblica - Quotidiano Indipendente di Informazione - Diamo spazio al tuo punto di vista da Massimiliano Greco


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